ADDIO APERICENA

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Amici, che fine ha fatto l’apericena? Scomparso. A ucciderlo è stato il Covid-19 con le sue imposizioni: il confinamento (lock down, come dicono quelli che), le mascherine facciali, le chiusure totali e/o anticipate dei locali pubblici, il contingentamento dei clienti… Chi si ricorda ormai del piacevole rito, in auge pochi anni fa, quel simpatico ritrovarsi insieme davanti a un “aperitivo rinforzato”, invitante sostituto leggero della cena (e leggero anche per il portafoglio), fenomeno di comune allegria che trasformò i bar in bistrot similparigini e i baristi in chef improvvisati? Era edonismo a buon mercato alla fine della giornata lavorativa. All’insegna del minimalismo i suoi ingredienti: frullati di frutta, verdure, stuzzichini, formaggi, salumi appena appena, alcolici un’ombra. Il trionfo del finger food all’insegna delbio’, insomma.

L’apericena – certo rimpianta (o rimpianto? sarà maschile o femminile? In tempi di politicamente corretto non si sa mai) – adesso è commercialmente surrogata/o dalla movida, il rito di chiudere la serata in un bar o in un pub. Fenomeno sociale strettamente correlato con quello della discoteca, sostengono certi sociologi. Liturgia giovanile, osservano i mass media, concentrata nel fine settimana: birretta, “spritz”; di fatto, una disordinata specie di prolungamento della storica happy hour. Dove il “cliente” si sente riverito perché in quel momento, contrariamente a quanto gli accade a scuola o nel lavoro, qualcuno lo serve. Come si vede, siamo lontani dai canoni appaganti dell’apericena…

Una curiosità: il termine movida originariamente si riferiva a un movimento sociale e artistico diffusosi in Spagna dopo la caduta della dittatura franchista, durato fino ai primi anni ’90. La movida giovanile dei nostri giorni, invece, non ha nessun riferimento né produzione culturale. È  un evento aggregativo spontaneo, che non di rado crea frizioni sociali con i residenti. Diverso assai dall’aperitivo rinforzato dell’era pre-Covid.

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