FELICE ANDREASI, UN PITTORE IN SCENA

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Pubblichiamo un estratto (a cura del nostro collaboratore Nello Rassu) del libro “Felice Andreasi – Un pittore in scena tra teatro, cinema e tv” (Daniela Piazza Editore)

Andreasi nel “Radiocorriere TV”

E qui proviamo a delineare di questo artista poliedrico e multidisciplinare alcuni tratti caratteristici attraverso l’occhio indagatore, curioso e a volte dissacrante di quanti ne scrissero, accennarono, definirono sul “Radiocorriere TV”1 , la rivista che ha raccontato la televisione e la radio dagli anni Venti fino ad oggi (con una pausa tra il 1995 e il 1999). Come delle istantanee che provano a fermare il tempo e a ridarci sfumature e prospettive appena intraviste e qui rivedibili “in campo lungo”. A cominciare da questa sulfurea voce di un bizzarro (e bizzoso?) Dizionario Umoristico delle opere e dei personaggi televisivi a cura di Gaio Fratini che, nel 1978, alla voce “Andreasi” recitava così: Geniale e galoppante indio nella Torino degli anni Cinquanta. Amico d’infanzia del divino ecologo Guido Ceronetti, cantava nelle osterie delle Langhe motivi blasfemi per sfuggire alla RCA. Poi con l’avvento della Fiat obbligatoria questo fantasioso trovatore, senza reddito e fissa dimora, finì anche lui nella riserva di via Teulada. Adesso recita siparietti didascalici nella rubrica settimanale di Gian Luigi Beccaria dal titolo Nella misura in cui (vedi “Radiocorriere TV” n. 20; pag. 26). Cos’è la metafora? L’iperbole? L’antifona? Il vecchio indio prende la chitarra e grida: “Devo attaccare l’asino / dove vuole il padrone. / La verità è impossibile / e la lingua finzione”. In poche righe vi è l’attività a più facce, la vita artistica dei primi anni giovanili. Dal trovatore che canta nelle osterie al sipariettista, se mi si concede il termine, televisivo. Sembra racchiudersi qui la prima istantanea in questa sapida delineatura di alcuni approcci artistici del nostro indio geniale, “galoppante e sognante”. A completare questo frizzante schizzo ecco un tondo d’autore che il compagno di strada e poi giornalista Rai Mario Pogliotti, gli dedica, nello stesso anno, con un titolo che è bella sintesi del nostro. Genio e regolatezza Se la sua pittura è chiaramente desunta da una fervida adesione ai grandi olandesi del Seicento, ai veneziani dei secoli d’oro, il “museo” del nostro pittore spalanca poi le finestre alla modernità nel momento in cui si considera il bellissimo “Giovanotto 1955 […] Un pittore riflessivo, colto, ma guardingo dalle insidie di una troppo accettata cultura, di una potente maestria nel comporre, di una serietà assoluta”. La critica è a firma Marziano Bernardi, su “La Stam pa” del gennaio 1956. Il pittore è il mio amico Felice Andreasi. In quegli anni affittavamo un cantinone nel sottosuolo di via Po, dove io, Fausto Amodei e gli altri del “Cantacronache” cantavamo le nostre canzoni anticonformiste, dove il pittore Giovanni Macciotta eseguiva un pregevole assolo di “O ciciornia” con un unico applaudito pernacchio. Felice ascoltava, taciturno. Una sera, inopinatamente, recitò Salve, o Piemonte del Carducci con un esilarante accento piemontese. Fu il suo primo successo cabarettistico e io alle volte ho il rimorso di averlo applaudito, allora e poi sempre, ogni volta che l’ho visto e mi sono divertito, nel terrore che il pittore Andreasi non dipinga più. Invece Felice mi scrive da Cortazzone (Asti) rassicurandomi: non ha deposto i pennelli. Meglio così. Poi c’è lo scrittore, l’umorista Andreasi che ogni domenica collabora alla pagina letteraria de “La Stampa”. C’è un suo libro del quale io conservo l’ultima copia, di umorismo nero, di perfida e dissennata innocenza, L’uomo spaventoso: “Una vecchia si sporse talmente dalla finestra che cadde e si fracassò per terra. Dopo un po’ si affacciò una seconda vecchia per vedere la vecchia che era cascata per terra ma cadde e si fracassò anche lei. Poi una terza vecchia, una quarta e infine una quinta. Quando è cascata la sesta, di vecchia, io mi sono stancato e me ne sono andato via”. Ogni tanto Andreasi si scrolla di dosso il suo Monferrato, piglia su e scende a trascinare quella sua faccia india davanti ai riflettori dei cabaret, oppure del set cinematografico (l’ultima volta ti ho visto in Sturmtruppen) o della TV, con quel suo umorismo stanco, vivacizzato dal genio della follia… “Un bel giorno io sono nato”, dice un suo monologo. “Subito non mi sono accorto di niente. Ma dopo un po’ me l’hanno fatto notare”, “Programmi?”, “Continuare”. Appartato, libero, indifferente alle facili suggestioni, Felice Andreasi. In poche righe abbiamo potuto delineare la poliedricità dell’uomo potendo mettere in primo piano il quotidiano impegno di pittore rispetto ai milleuno mestieri televisivi e di intrattenimento cabarettistico che Andreasi praticò con una certa assiduità nella vita. Sulla versatile pratica di scrittore per sé, per le scene, per le collaborazioni a giornali e riviste riportiamo due brevi note “umoristiche” dello stesso Andreasi, apparse, tra altre, sempre nel 1978. Dove traspare tutta la sua visione caustica della vita e la sottile arguzia nell’affrontarla con filosofia quasi contadina. La serata televisiva di Felice Andreasi Siccome io sono pieno di idee fantastiche e in televisione invece delle medesime c’è grande scarsità, ne butto lì qualcuna fra quelle che ritengo più realizzabili. La prima è questa: dato che per le persone anziane non si fa mai niente, suggerisco di organizzargli gare di memoria (scegliere i più arzilli) con domande stimolanti. Per esempio: ricordare il prezzo del pane al chilogrammo in Italia nel gennaio del 1887 o il nome di battesimo della maestra della prima elementare (se sono andati a scuola). Sempre per gli anziani che in genere sono appassionatissimi di televisione, quindi assai smaliziati, organizzare gare di perspicacia con tranello. Esempio: mostrare una foto di Beruschi in uno dei suoi atteggiamenti più grotteschi con sotto la scritta “la Smorfia” e una foto dei tre bravissimi ragazzi napoletani della “Smorfia” con sotto la dicitura “I Beruschi”. Poi, domandare a bruciapelo al più sveglio di loro chi dei quattro è Grillo. Altra idea: visto che Cochi e Renato Pozzetto non si esibiscono più in coppia, organizzare uno show televisivo con la coppia Cochi e Renato Zero (sulla terza rete dove, mi dicono, si faranno programmi diversi). Se l’idea sembrerà troppo audace, ripiegare sulla coppia Cochi e Renato Trentatré. Infine, organizzare una gara di fondo per intellettuali, scrittori, giornalisti, critici affermati sulla cinquantina. Ottanta giri di corsa intorno al Colosseo (Roma) in mutandine e scarpette di gomma. Il vincitore dovrà fare altri 80 giri ma si avrà cura di dirglielo soltanto quando avrà percorso l’ottantesimo giro. Se si rifiuterà, verrà costretto a leggere tutto l’ultimo libro di Moravia saltando su un piede solo. Inoltre, un ieri e oggi televisivo riservato a uomini politici importanti ai quali si avrà cura di procurare il testo di scritti e discorsi con preferenza per quelli risalenti agli inizi della loro carriera. Sarà interessante (per il telespettatore) notare la profonda differenza fra quelli e la loro attuale posizione politica. Questa proposta incontrerà qualche resistenza e probabilmente non se ne farà niente dato che in televisione per i valori della Resistenza hanno tutti grande considerazione. Resta inteso che per tutte queste idee io non voglio una lira dalla televisione. Non potrebbe mai pagarmele anche perché non hanno prezzo. Come non sentire una eco della lucida e amara scrittura di Ennio Flaiano? Se a qualcuno rimandano certe annotazioni, certi paradossali punti di vista di Andreasi è sicuramente allo sceneggiatore di Fellini, allo scrittore abruzzese sbarcato a Roma, che vanno apparentati. 139 L’incauto accostamento può non piacere eppure i rimandi sono simili e simili a taglienti scenette sintetico futuriste ci appaiono quelli di questa altra nota “televisiva” di Andreasi che così elencava programmi e “trasmissioni” di quel periodo: La serata televisiva di Felice Andreasi TG1: per me Valentini è un cinico. Non piange per il dolore che gli procurano le notizie tristi, ma perché sotto gli occhiali porta lenti a contatto alle quali non ha ancora fatto l’abitudine. TG 2: mi sono accorto che Ruggero Orlando, grande uomo di spettacolo, mi copia. Certi tempi rallentati, certe pause, sono come le mie. Lui mi copia bene. Beruschi malissimo. DOMENICA IN: Corrado come indice di gradimento è superato soltanto dal colonnello Bernacca. Tutti gli altri seguono molto distanziati. La gente sa fare le sue scelte. L’ALTRA DOMENICA: non preoccuparti per il futuro, Arbore. Anche e soprattutto declinando, sarai sempre un ablativo. LA DOMENICA SPORTIVA: De Zan non est dìsputandum. È irrecuperabile. MERCOLEDÌ SPORT: come avrà fatto la TV a capire che gli italiani, il mercoledì sera a quell’ora, più che in qualunque altro momento della settimana (esclusa la domenica) sentono il bisogno irresistibile di occuparsi di sport? Cara TV. SCENE DELLA CAMORRA: sono coralmente pervase da un ralenti sommesso tipicamente anglosassone. È voluto? SETTIMO ANNO: seguendo questa acuta e approfondita analisi dell’Istituto matrimoniale, sono rimasto sconvolto dalla sua straordinaria attualità. L’amico Buzzanca, poi, è cosi vero che viene voglia di toccarlo (col bastone). L’UOMO SOLO: neanche questa settimana va in onda L’uomo solo, programma in due puntate scritto e recitato da me più di un anno fa. Sarò stato troppo intelligente? NELLA MISURA IN CUI: questo invece sta andando In onda. Be’, a monte le scenette di questa trasmissione toccano una problematica di fondo, mentre di riflesso, a valle portano avanti un certo discorso che, al limite, sottintende una gestione pluralistica e conseguentemente comunitaria dei contenuti individuali. È chiaro? Occorre commentare oltre? Felice Andreasi piaceva molto ai giovani e in una intervista del 1980 a Donata Gianeri sempre per il “Radiocorriere” chiosava così Forse per la mia componente sarcastica, per il mio modo di prender le cose dal loro lato ridicolo, nel tentativo di sdrammatizzare quanto mi circonda. E forse anche perché sono il primo a ridere di me stesso, non parto mai lancia in resta contro gli altri tenendomi da una parte: ci sono sempre dentro sino al collo. Sapersi prendere in giro è una grossa ancora di salvezza, un modo di aiutarsi”. E alla domanda canonica sul come si divideva tra il recitare e la pittura e quale fosse quello per rilassarsi tra i due, dava questa risposta: Io, se voglio rilassarmi, vado per funghi. Purtroppo non mi rimane mai il tempo per farlo, impegnato come sono nei miei due mestieri, ugualmente importanti anche se diversissimi. A ogni modo, dipingere mi distende, recitare, invece, mi affatica. Ogni sera, quando sto per entrare in scena, mi chiedo: ma chi me lo fa fare? Anche se conosco a priori la risposta: non appena si accendono le famose “luci della ribalta”, vivo il mio momento magico, peccato che di tutto questo non rimanga nulla, che tutto venga cancellato: noi cabarettisti scriviamo sull’acqua. Anche per meglio adeguare i testi alle sue azioni sceniche Andreasi più che affidarsi ad autori esterni prova la strada di “cucirseli addosso”: Così ho deciso di buttarli giù da me. All’inizio è stata una gran fatica, poi tutto è andato liscio. Oggi sono l’autore che interpreto meglio: in perfetta simbiosi, diciamo. A questo punto, sono assolutamente indivisibile da me stesso! In queste poche righe abbiamo cercato di delineare e proposto un veloce ritratto di Felice Andreasi. Fermato nel tempo (tra il 1978 e il 1980) e pericolosamente tendenzioso per i pochi riscontri oggettivi, con la nobile intenzione di stimolare non solo la vostra curiosità ma di incoraggiare la visione dei suoi interventi e in particolare quelli registrati in Rai, sia radiofonici che televisivi. C’è ancora molto da scoprire e da imparare.

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