FLUXUS, UNA BAND DA RIFARE

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Gli anni 90 per la musica indipendente italiana hanno avuto la stessa valenza che nel resto del mondo occidentale, paragonabile a un lancio di bastoncini di shanghai sul tavolo, ovviamente scompigliato. Insomma un fragoroso spariglio di carte. Per questo le esperienze delle band nostrane di quegli anni restano decisive e segnano ancora la produzione musicale indie di questi ultimi anni. Innanzitutto perchè da quel momento la nostra musica si è davvero avvicinata a quella dei centri mondiali del rock anche se più per un nuovo habitus mentale che per le successive rivoluzioni telematiche. E poi perchè si incominciava ad incarnare lo spirito universale della musica dell’epoca: mille influenze e mille direzioni, per frantumare etichette e status (indie, hardcore, garage, noise) nel momento stesso in cui si stavano affermando. Naturale allora che diverse band di oggi abbiano sentito il bisogno di rendere omaggio all’esperienza che forse più di tutte ha sintetizzato quel passaggio: i Fluxus, formazione torinese (ma con vocazione fin da subito internazionale)  che proprio nei primi novanta prendeva le mosse e che esattamente vent’anni fa esordiva nel mondo discografico con il cult ” Vita in un pacifico nuovo mondo“.  Ecco allora quattordici gruppi di varia collocazione geografica, musicale e spirituale che – sulla spinta di Mag Music (più che un magazine o un sito musicale, un vero laboratorio di idee e suoni) e dell’etichetta V4V  – hanno dato vita alcuni mesi or sono a “Tutto da rifare, un omaggio ai Fluxus”. Le tracce ripercorrono la discografia della Band di Franz Goria, Luca Pastore e Roberto Rabellino: dal citato primo album, a “Non esistere” del 96 a “Pura lana vergine” che, distribuito nel 98 dal Manifesto, segnava il momento forse più importante del loro percorso, fino all’omonimo “Fluxus” del 2002.   Gli ultimi due sono gli album più saccheggiati con, rispettivamente, sei e cinque brani. Da “Pura lana” proviene quello che forse è il momento più riuscito dell’intero progetto, cioè quella “Tutto da rifare” che gli Avvolte restituiscono in atmosfere distese e molto “garage” in perfetta coerenza con l’originale. Al punto da ricordarci come in quel periodo i Fluxus – insieme ai Marlene Kuntz e forse ai primi Afterhours – stavano disegnando le linee di un modo di far rock che in Italia è ancora alla base di tanti progetti (perfino quelli più Pop che tanto vanno in voga oggi nelle radio mainstream). C’è spazio poi per la vena più scura e dissonante, quella che per certi aspetti fa dei Fluxus il gruppo più “anni ottanta” della musica indie anni 90. Lo spirito, per intenderci, che in qualche modo li rese anche gli eredi più credibili di quell’esperienza unica che nel decennio precedente fu dei Negazione. Non a caso personaggi come Tax Farano e Marco Mathieu entrarono nel gruppo per poi uscirne poco dopo. Quella forza rabbiosa e urlata  è ben resa in chiave hardcore dagli Evilfish in “Uomo Ghignante”, nella schiumante “Logica di possesso” dei Titor e in “Lacrime di sangue” dei pisani Miriam Mellerin.  Se i Fluxus hanno contribuito a dissolvere l’idea della “forma-canzone” che in Italia si era radicata nei decenni precedenti , versioni come “Giro di vite” dei Majakovich, “Fensi” dei livornesi Nervature o “Una splendida giornata di luna ” del cantautore italo -polacco Mrozinski danno l’idea di quanto Goria e soci fossero bravi a comporre bella musica e bei brani.  Le mille facce di una band poco riconducibile a schemi sono poi completate dalle prove convincenti dei pesaresi Gli Altri, dei Dogzilla, dei Chambers, degli Heisenberg, dei Nient’altro che macerie e dei Mastice. Da segnalare su tutte “Nessuno si accorge di niente” che con i Marnero diventa un vero riconoscimento al merito dei suoi autori. Al di là delle meritate reverenze e dello spirito generale di tributo , questo progetto ha il merito di mettere in luce (senza trascurarne il gusto per le ombre) un momento importante della nostra musica indipendente. Ci auguriamo, pertanto, di riuscire a favorirne il ritorno.

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