LA RIVOLUZIONE AL SOLE DI ESMA

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La domanda è di quelle da serate passate stancamente attorno ad un bancone del bar, mentre si parla di musica e massimi sistemi: c’è ancora qualche cantautore valido in Italia? Inevitabilmente il pensiero va subito ai vecchi dinosauri ancora in attività. Quando va bene si pensa ai mostri sacri che hanno fatto la storia della musica e della canzone italiana. C’è poi la generazione di quelli. ora non più giovanissimi, che dagli anni 90 hanno perlomeno saputo dare una boccata di ossigeno al genere, facendolo uscire da vecchi stereotipi e clichè. Si pensi a gente come Gazzè, Silvestri o Fabi, per non parlare di Carmen Consoli. Un caso a parte resta poi Capossela, con i suoi voli musicali fuori dagli schemi.  E ci si ferma lì,titubanti, a sforzarsi di far uscire qualche nome nuovo. Si può facilmente tirar fuori personaggi come Bugo o Dente, per citare solo quelli che hanno trovato il loro spazio anche nel mercato ufficiale e nei canali mainstream. In un momento in cui in Nord America e Inghilterra si affermano musicisti nuovi che non hanno paura a passare senza soluzione di continuità dalle tendenze elettroniche più sperimentali alle ballads acustiche e intimiste (pensiamo solo a gente come Bon Iver, Fink, Chet Faker e Jose Gonzales o al successo planetario di James Blake), da noi sembra invece che l’idea di nuovo si sia fermata ad un certo uso di macchine e suoni che avevano fatto il loro tempo già un decennio fa. Ben venga allora che , curiosando negli elenchi di partecipanti e vincitori dei nostri più quotati festival di musica indipendente, ci si possa imbattere in giovani musicisti come Enrico Esma. Proprio vincendo nel 2011 il concorso nazionale ItaliaWave come miglior cantautore, Esma ha potuto uscire fuori dal ristretto ma creativo ambito torinese in cui ha preso le prime mosse per affacciarsi ad un mondo e a un pubblico più ampio, per dimostrare che ancora oggi si possono scrivere canzoni d’autore senza per questo restare legati a vecchi modelli o senza proporre idee musicali già consunte. Sono  subito arrivati, infatti, altri riconoscimenti in concorsi nazionali e soprattutto la possibilità di aprire i live di pezzi da novanta della nostra  musica come De Gregori, Branduardi, Negramaro o Cristina Donà. Un’esperienza densa e fulminea che non poteva non farlo crescere in fretta e che inevitabilmente si è tradotta nell’uscita, verso la fine del 2013, del suo primo convincente album. “Rivoluzione al sole – Volume 1” dà proprio l’idea del percorso di un giovane che oggi voglia produrre la propria musica, prima ancora in termini di cose ascoltate e vissute che di processi creativi studiati a tavolino. Il riferimento al primo volume è poi programmatico di un discorso che non si esaurisce qui e che infatti vede Esma già impegnato al secondo capitolo negli studi  Andromeda di Max Casacci. In questo primo lavoro si sente tanta influenza del rock anni 60 e 70, probabilmente tramandato da genitori o altri adulti che ne sapevano. E poi c’è il segno del grunge e di certa musica indie anni 90 (fino a scomodare anche nomi impegnativi come i Radiohead). Naturalmente fanno capolino i modelli nostrani di cui si parlava all’inizio. Esma e la sua band sembrano muoversi a loro agio in territori diversi e saper saltare con la giusta ironia da atmosfere più cupe e “noise” a tracce più solari e liberatorie. Così si incontrano brani duri e tesi come “Dente di drago” con cui Esma sbatte in faccia di chi ascolta suoni crudi e compatti e testi che sanno urlare verità e dubbi di un ragazzo che dimostra di voler continuare a vivere e imparare scendendo nei sotterranei di un’esistenza che social e  media si ostinano a lasciare in superficie. Amicizia e libertà di sbagliare sono cose preziose cui tenersi ben aggrappati, ci canta Enrico in “Come una stella” e sicuramente questo è un testo che sa colpire grazie anche a sonorità che ricordano davvero certa musica di Seattle e che distendono fino al limite il senso delle parole. Quello che colpisce è appunto la capacità di Esma e dei suoi musicisti di passare a altre atmosfere e di prendere a piene mani da altre fonti senza far perdere all’album la sua coerenza. Cosi’ si ascolta “Cambia il mondo” e dal grigio metropolitano ci si ritrova trasportati in un altro posto, fatto di sole e ritmi etnici e parole che danno nuove speranze. Qui sembra addirittura di scorgere in lontananza la lezione cantautorale di Fossati. E c’è ancora spazio per la rabbia , atmosfere congelate e rime  taglienti in brani come “Resto abile”, “Anestesia” o “Universo” e nelle altre quattro tracce dell’album. Per  ricordarci che, anche se fatta al sole, la rivoluzione non è mai una passeggiata.

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