UN CASO DI “MOBBING” SU TWITTER

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Avere il coraggio di difendere le proprie idee è un atto che riceve consensi…o almeno così avrei pensato fino a qualche mese fa.
Fino a quando mi sono accorta che, invece, se le idee che difendi non sono quelle condivise dalla maggioranza, su Twitter, vengono irrise da trenini interminabili di account, che si citano a vicenda, forti della propria connivenza, fino ad arrivare a screditare non solo le opinioni ma l’autore stesso, in quanto persona.

Mi riferisco, per intenderci, ai gruppi più potenti, quelli che vengono definiti in gergo i PAV, sigla che sta per la dicitura “pompini a vicenda”.

Sono loro a dettare legge e ad attuare una sorta di controllo e di mobbing se non cerchi di tenere un profilo basso o superficiale.

Ti attaccano anche proprio in quanto persona che ha vissuto particolari esperienze (come essere aggredita per strada) che vuole portare all’attenzione dei lettori e a beneficio di tutti.

Ti irridono anche se poni domande legittime che, però, appaiono scomode.
Che cosa intendiamo per whore-man?

Su tale quesito mi interessava raccogliere opinioni e chiarirmi le idee.

Si può insultare un uomo, dandogli della puttana (al maschile), come accade per le donne? O whore-man ha più l’accezione di gigolò, quindi meno degradante rispetto al corrispettivo femminile? E che accezione acquista, questo termine, nello scarto di genere?

A quanto pare il pubblico di Twitter dev’essere assai sensibile se può essere turbato da domande del genere

Ma vorrei anche sapere:

È legittimo descrivere in 140 caratteri and a little bit more gli aspetti più truculenti (ma realmente accaduti) di una aggressione subita personalmente?
Pensavo che lo fosse.

E quanto è legittimo ,invece, sentirsi accusare di “fare autoanalisi” in un “territorio” che dovrebbe essere lasciato libero dallo psicodramma?

Chi è che decide, sui social, cos’è lecito o legittimo pubblicare e cosa, invece no? Mi piacerebbe capirlo, soprattutto dal momento in cui mi sembra sia aperto allo scontro, anche il più sconcio e politically scorrect, tra fazioni politiche opposte.

Mi sono cimentata in questi mesi su ogni tipo di argomenti, confrontandomi con vari gruppi, in diversi paesi e situazioni politiche (nel senso ampio del termine), sviluppando la convinzione che la discussione trovi legittimità, sui social, solo se strumentalizzata. Se ci si accoda alla volontà di certe pagine “potenti” e molto seguite che cercano di far passare un messaggio politico o spingere una determinata causa.
Non appena ci si addentra, infatti, inmodo più approfondito, in un territorio più personale o che possa toccare sensibilità, coscienze ed esperienze di vita REALI , come ad esempio, quello dell’eutanasia o della violenza di genere, allora il dibattito diviene IMPOSSIBILE.

Si viene zittiti col blocco dell’account da parte di quelle stesse persone che , fino a due minuti prima, erano magari intente a “discettare amabilmente” su un politico di spicco, attribuendogli ogni tipo di epiteto non propriamente epico.
Certo insultare i politici permette a questi account di avere molto seguito in fatto di followrs, retweet e stellinamenti, che forse sembra l’unico fine di chi sta su Twitter, o per lo meno della maggioranza .

Alcuni di questi, quando ho postato quesiti e commenti su temi come i whore man, l’eutanasia e lo street harrassment hanno deciso, di dedicarmi un hashtag: #coglionadelgiorno

Ecco perché ho deciso di non essere popolare. Neppure usando un nik-name. Forse perché non riesco ad essere populista.

Vorrei però aggiungere ancora una cosa e rivolgerla alla donna che affermava con convinzione che le aggressioni per strada sono solo questioni di sfiga e che, rispetto alla mia esperienza in merito, avrei dovuto metterci una pietra sopra invece di “ammorbare” i miei followers, col rendiconto di ciò che ho subito.

“Più forte te le doveva dare” ha avuto il coraggio di scrivermi. E io le rispondo “Finché ci saranno persone, ma soprattutto donne che, cercano di tacitare altre donne, soprattutto su argomenti come questo, avremo bisogno di una bella dose di sano e rinnovato femminismo da importare!”.

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