LA STRANEZZA

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Siamo nel 1920 e Luigi Pirandello torna per un breve periodo a Girgenti, località della Sicilia che gli ha dato i natali e dove lui possiede ancora la casa avita, nonostante viva ormai da anni a Roma. Decide però di farlo in incognito. Inizia così “La stranezza”, il film di Roberto Andò, presentato alla Festa del Cinema di Roma e da qualche settimana approdato nelle sale cinematografiche. La pellicola sta avendo un grande successo e dimostra che, anche un film italiano, se ha i giusti ingredienti, può incuriosire e attrarre il pubblico in sala.

Si tratta di un ipotetico spaccato della vita dello scrittore siciliano (magistralmente interpretato da Toni Servillo) in cui, stanco e privo di ispirazione, egli decide di prendersi una pausa e tornare alle sue radici. Tormentato proprio da quella “stranezza” che dà il titolo al film (una sorta di febbre visionaria e malinconica) egli è “costretto” a fare i conti con i fantasmi della propria vita e della propria immaginazione.

Al suo arrivo nella vecchia casa sono però tutti in lutto per la morte dell’anziana donna che fu la sua amata balia e occorre occuparsi del funerale.  Guarda caso, i becchini del paese, Nofrio e Bastiano (interpretati dal duo comico Ficarra e Picone), si dilettano, nel tempo libero, di scrivere e mettere in scena “tragedie comiche”, farse e altri spettacoli.

Saranno proprio loro, con il teatro scalcinato che li caratterizza, ad aiutare Pirandello con i suoi “Sei personaggi in cerca d’autore” che da tempo gli appaiono ma come fantasmi indefiniti. Una vera e propria ossessione, che lo accompagna ovunque. Li vediamo comparire, infatti, già nelle carrozze del treno che porta l’autore in Sicilia.

Oltre ai protagonisti, altri grandi interpreti come Luigi Lo Cascio, Fausto Russo Alesi e Galatea Ranzi (già musa ispiratrice di registi teatrali del calibro di Luca Ronconi) hanno prestato il proprio volto a personaggi minori.

Il film è in sostanza un accorato omaggio al teatro ma anche alla Sicilia e alla letteratura, con riferimento a Leonardo Sciascia (il connubio costante tra l’arte e la morte) e a Giovanni Verga (interpretato da Renato Carpentieri). Ma non è solo questo. E’ anche un esempio che dimostra come nell’arte si possano abbattere gli steccati e far convivere cose e personaggi apparentemente inconciliabili.

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