BURKA, BURKINI & CO.

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Partiamo dal dibattito che, per quasi tutta l’estate ha impazzato su media, spiagge, bar e circoli ricreativi d’ogni sorta, e cioè  quello sul burkini. Praticamente chiunque è stato interpellato al riguardo, utilizzando tutti i media possibili. Così ho pensato di adeguarmi alla cosa, non tanto per disquisire sul fatto che sia giusto  o meno indossare il burkini (su questo si è ormai detto di tutto e di più), ma piuttosto per introdurre invece un paio di altre riflessioni più o meno inerenti l’argomento.

Intanto specifico, per chi non lo sapesse (mi hanno fatto notare che, nonostante se ne sia parlato quasi fino alla nausea, chi non guarda la televisione, potrebbe non esserne al corrente) che il burkini  è un tipo di costume da bagno femminile che, agli antipodi del bikini, copre interamente il corpo, escludendo solo viso, mani e piedi. Generalmente, si compone di due pezzi: una tunica di media lunghezza con una cuffia integrata e i pantaloni da indossare sotto la tunica.

Le donne che indossano il Burkini nei paesi occidentali (al pari di quelle che portano il velo), dicono di farlo per libera scelta. Bene non ho dubbi in proposito. Almeno non ne ho sul fatto che siano convinte di farlo per libera scelta. Se poi la loro libera scelta sia il frutto di pesanti condizionamenti e/o lavaggi del cervello, è un altro discorso che, però non è facile da valutare né legittimo mettere in discussione. Ognuno di noi è, in qualche modo, il frutto di condizionamenti e riflessioni che si sono stratificate e consolidate negli anni.

Non si possono colpevolizzare le donne che scelgono di coprirsi quasi integralmente al pari di quelle che scelgono di girare in topless. Le scelte sull’abbigliamento (purché rispettino le leggi vigenti) sono tutte degne di rispetto perché dipendono dal gusto e dal senso del pudore soggettivo.

Poi va da sé che il senso del pudore dipenda quasi sicuramente dall’ambiente in cui ognuno di noi è cresciuto e dalle successive frequentazioni personali e che sia, quindi, il risultato di condizionamenti oltre che di riflessioni personali. Ma questo vale più o meno per tutti. E quindi ognuno di noi, in realtà non è mai totalmente libero nelle proprie scelte.

Non lo sono le donne velate che sono cresciute molto probabilmente in contesti in cui mostrare il corpo è considerato disdicevole, ma neanche le donne che optano per il topless. Anche perché chi sceglie di esibire il proprio corpo è sovente schiavo di altre cose come i trattamenti estetici o chirurgici.

Nessuna donna, penso, sia veramente libera oggi di mostrarsi pubblicamente come vuole o come vorrebbe perché siamo tutte condizionate da qualcosa: dai media e/o dallo sguardo maschile. Lo sono anche quelle donne che dicono di farsi un ritocchino ogni tanto solo per piacere di più a se stesse.

Poi, per carità, la scelta del topless o del bikini sotto il solleone darà sicuramente una sensazione di maggior refrigerio e libertà rispetto ad un indumento che ricopre interamente (o quasi) il corpo, impedendone, almeno in parte, la traspirazione. Ma non credo che camminare su un tacco 12 o strizzarsi in pantaloni super-attillati o con push up che stringono la bocca dello stomaco, per essere “alla moda”, sia tanto più comodo o liberatorio.

Detto questo, se ognuno di noi è libero di opporsi a culture o religioni che impongono alle donne di coprirsi, non credo sia altrettanto legittimato a punire le vittime di un sistema, anche  perché, come ha scritto giustamente Massimo Gramellini “Altro che multare le signore che indossano il burkini: ogni volta che vedo sfilare per le strade delle nostre città un maschio padrone e, due passi dietro di lui, delle fantasmine intabarrate negli scafandri di stoffa, mi domando se non esistano gli estremi per accusarlo di sequestro di persona”.

E senza arrivare a questi estremi c’è una riflessione più sottile che mi interessa porre primariamente.

In una ipotetica società in cui tutte le donne fossero obbligate a portare il velo non sarebbe come ammettere che tutti gli uomini siano alla stregua di bestie incapaci di controllarsi di fronte alla più minima tentazione?

Inoltre ciò che mi intristisce di più è come mai questo tipo di discussioni si “giocano” sempre sul corpo delle donne e mai su quello degli uomini?

Perché, stilisti a parte, nessuno si occupa mai di come si vestono gli uomini e di quanto coprano o meno il loro corpo?

Devo dire comunque che, in quest’ambito, solo una volta mi è capitato di sentire una proposta veramente intelligente.

Si tratta di una proposta lanciata negli Stati Uniti dov’è stata istituita una giornata del velo islamico.

L’iniziativa invita tutti (donne e uomini) a provare cosa significhi indossare il velo per un’intera giornata.

Perché in effetti prima di parlare, intanto, forse bisognerebbe provare.

 

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