CAREGIVER

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La casalinga di Voghera, l’ortolana di Scandicci, il ferroviere di Napoli, il messo comunale di Messina sanno che cosa vuol dire? E come si pronuncia? Non si offendano i cittadini di queste città se li abbiamo usati come metafora per introdurre un commento a una parola entrata stabilmente nel linguaggio istituzionale e in quello dei mezzi di informazione di massa.

La parola in questione è caregiver, termine specialistico anglo-americano entrato ormai stabilmente nell’uso comune; indica “colui che si prende cura” e si riferisce naturalmente a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile. Per il vero, in Inghilterra questa funzione è assolta dal carer.

Sul riconoscimento giuridico della figura assistenziale solo l’Emilia Romagna ha una legge regionale, la n°2/2014, inscrivendo sui caregiver inserendoli negli interventi sociali previsti dal welfare specificando che si tratta di assistenza familiare e che riguarda un’attività volontaria e gratuita (welfare: chiamarlo benessere no? Il Sabatini-Coletti alla voce welfare chiarisce: sistema sociale che vuole garantire a tutti i cittadini la fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili; in it. stato sociale || Ministero del w., quello del lavoro e degli affari sociali).

Oggi c’è in Senato il disegno di legge 1461, sintesi di numerosi progetti precedenti: lo scopo principale è dare dignità al lavoro di cura, riconoscerne il ruolo sociale. I provvedimenti legislativi, però, sono rivolti a tutti i cittadini, quindi andrebbe preferita una soluzione italiana comprensibile da chiunque, come per esempio badante, che è la traduzione più corretta di caregiver.

Se per la sua connotazione extracomunitaria badante non piace, accuditore sembra linguisticamente troppo ricercato; se curatore richiama funzioni legal-notarili, vigilante una guardia di polizia privata, se curante è il nostro medico, se sovrintendente richiama funzioni artistiche o gerarchiche delle forze dell’ordine, ci si forzi -magari creando un neologismo – di scegliere una parola presa dal nostro vocabolario.

Una parola possibilmente comprensibile se non proprio da tutti tutti, almeno dalla maggioranza di noi. Alla legge, poi, il compito di definirne i contorni pratici e quotidiani.

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