IL TRISTE PRIMATO DELLA VIOLENZA SULLE DONNE

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Lei non grida, non urla, non piange; si limita a implorare «basta!»: lo stupratore? Assolto: il fatto non sussiste (sentenza del 2017). Lei vestiva in jeans: lo stupratore? Assolto: «per sfilarli occorre la collaborazione della donna che li indossa» (sentenza del 1998). Queste due sentenze sono approdate in Cassazione, che ha sentenziato in maniera discordante: processo da rifare nel primo caso (il mancato urlo); assoluzione dall’accusa di violenza carnale; i jeans di lei l’alibi, nel secondo. Non entriamo nel dibattito sui due casi e sui tecnicismi giuridici delle relative sentenze. La cronaca pubblicata dai mezzi di informazione basta e avanza.

Qui si vuol sottolineare che, nei due casi citati la violenza non è stata riconosciuta. Spesso contraddittorie (il “caso jeans” fu parzialmente corretto dalla stessa Cassazione con una sentenza nel 1999), sono sentenze che mortificano la dignità delle donne.

Il fenomeno ha numeri impressionanti: basta consultare il sito www.istat>violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia. Quello della violenza sulle donne è un triste primato che sopravvive ancora malgrado i tentativi di arginarlo; il 14,3% delle donne afferma di essere stata oggetto di violenze a opera del partner: per la precisione, il 12% di violenza fisica e il 6,1% di tipo sessuale. Del rimanente 24,7% (violenze provenienti da conoscenti o estranei), si contano 9,8% di quelle fisiche e 20,4% di violenza sessuale. Un quadro allarmante. Inoltre molte delle denunce presentate contro partener violenti vengono archiviate (il 45%). Per arrivare a una sentenza di condanna passano almeno tre anni. Un calvario.

Non meno inquietante è il fenomeno delle violenze sommerse, spesso compiute tra le mura domestiche e che non vengono denunciate. Nota il sociologo Marzio Barbagli: «A differenza di altri reati, le denunce per stupro non raccontano adeguatamente la realtà. Le violenze sessuali denunciate sono infatti solo una piccola parte di quelle davvero compiute. Molte violenze avvengono in famiglia per opera del partner o comunque di una persona conosciuta e questo è un fenomeno che resta in gran parte sommerso. Ancora meno sappiano degli stupri di immigrati a danno di donne loro connazionali».

In un anno che ha visto crescere a dismisura la violenza sulle donne, iniziative “private”come questa di recente nascita sono auspicabili: in collaborazione con l’associazione Fare x Bene, attiva nella lotta a ogni forma di violenza, Coin lancia Il Petalo Bianco, un’iniziativa innovativa per sostenere e aiutare concretamente le vittime di abusi. Coin e Fare x Bene propongono, per la prima volta dentro un department store, uno sportello di supporto psicologico: un luogo fisico, concreto e riservato, realizzato in un contesto “insospettabile”, dove recarsi liberamente e senza rischi (ilpetalobianco.it alla voce “prenota”).

Anche nel “pubblico” qualche cosa si muove. La senatriceValeria Valente, presidente della commissione di inchiesta sul femminicidio, fornisce una risposta politica: «Stiamo lavorando, con la Commissione Femminicidio, per accogliere le richieste dei centri antiviolenza. Pensiamo di presentare uno o più emendamenti al decreto ‘Cura Italia’ per dotare di maggiori risorse le case che ospitano donne vittime di violenza e per mettere loro a disposizione gli strumenti necessari per il servizio di accoglienza: kit sanitari e l’aiuto di medici e infermieri per prevenire e se necessario curare il coronavirus». Un contributo doveroso.

In questi anni il costume indubbiamente è cambiato: su famiglia, adozione dei figli, adulterio, droga… praticamente su tutto. Sullo stupro ancora no.

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