DARE LA VITA

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“Dare la vita” è il saggio di Michela Murgia, pubblicato postumo da Rizzoli. Approdato in libreria lo scorso gennaio, il pamphlet ha visto la curatela di Alessandro Giammei, uno dei “figli d’anima” della scrittrice. Quest’ultimo ha riorganizzato le bozze per riuscire a darle quanto prima alle stampe, regalando così ai fan della nota attivista (recentemente scomparsa) nuove riflessioni sui temi della maternità, della gravidanza e della famiglia. Questi temi l’hanno, infatti, impegnata per diversi anni, fino alle sue ultime settimane di vita.

“Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue?” e “si può dare la vita senza generare biologicamente?” Essere cioè, “madri di figlie o figli che si sono scelti e che ci abbiano scelte a loro volta?” Tali quesiti lei è riuscita anche a tradurli in vere e proprie scelte di vita, soprattutto attraverso la costruzione di una familia che comprendeva tra gli altri, i suoi quattro “figli d’anima”, ragazzi che lei ha contribuito ad accompagnare nel loro percorso verso l’età adulta.

La Murgia d’altronde, ha vissuto la propria maternità – come teneva a ribadire – “senza essere mai passata dallo stato interessante”. In questo saggio – che raccoglie appunto le sue ultime riflessioni – ci racconta dunque, partendo dall’esperienza personale, come i legami d’anima possano sommarsi a quelli di sangue.

“La queerness familiare è ormai una realtà” scrive e quindi “affrontarla è una necessità politica”. La maternità – che non deve essere confusa con la gravidanza o con la capacità di dare la vita – è dunque, secondo lei, un atto politico, nel senso che va a toccare il nervo scoperto della relazione tra famiglia, individui e stato.

Occupa inoltre, uno spazio ingombrante nel dibattito pubblico, specie quando si parla di calo demografico, di aborto o di gestazione per altri. Volendo fermarsi però al primo punto, “una donna su quattro, in Italia, sceglie di non mettere al mondo né crescere nessuno, piuttosto che perdere le opportunità conquistate con lo studio e il lavoro” e i cosiddetti bonus bebè, proposti periodicamente da partiti di ogni posizionamento darebbero un messaggio disarmante. Questa “paghetta”, come la definisce la Murgia stessa, servirebbe ai genitori per arrangiarsi nel trovare privatamente i servizi che lo stato dovrebbe offrire e che invece non offre.

La responsabilità delle culle vuote viene così scaricata sulle sole donne, come se la loro fosse una scelta puramente egoistica. Per questo, citando un ultimo suo profetico pensiero “Le donne italiane ricominceranno a dare la vita quando per farla venire al mondo e crescerla, non sarà più necessario amputare la propria”.

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